Guinzagli digitali

La caccia | Trasmessa il: 04/22/2012


Guinzagli digitali

    Leggo sulla cronaca milanese di “Repubblica” di mercoledì scorso, che alla scuola media “Buzzati”, a Lambrate, sono stati adottati severissimi provvedimenti contro i telefonini. È rigorosamente vietato agli alunni introdurli nell'edificio scolastico, anche se spenti. I contravventori saranno sospesi dalle lezioni, previo immediato sequestro dell'apparecchio, che sarà restituito solo a uno dei genitori. La preside ha spiegato che non se ne poteva più: già a undici anni i ragazzini ne facevano un uso smodato, le lezioni erano interrotte di continuo e si moltiplicavano i casi di cyberbullismo, nel senso che su Facebook comparivano sempre più spesso foto prese clandestinamente dai tesorucci con i loro smartphone e ivi postate a scopo di irrisione e presa per i fondelli. Insomma, al draconiano provvedimento il Consiglio d'Istituto è stato praticamente costretto.
    Non è un caso unico. Mi giunge notizia che anche in altre scuole primarie della città e dell'hinterland sono stati emanati editti del genere. E le reazioni sono state sempre le stesse: i ragazzini hanno strillato come aquile e le mamme e i papà ancora di più. Può darsi, hanno ammesso i rappresentanti dei genitori, che i cari giovani tendano a fare un uso improprio del cellulare, ma quello del divieto totale non è l'approccio giusto per impedirglielo. Con esso, la scuola rinuncia praticamente a educare. Il telefonino è una componente essenziale della vita moderna e non se ne può prescindere tanto facilmente. Si spieghi con chiarezza ai pargoli cosa se ne può fare e cosa no e allora sì che si potrà cominciare a parlare, con la debita gradualità, di sanzioni. Ma il blocco totale, quello non serve proprio a nessuno.
    Mah. Io sono sempre stato contrario, come sapete, ai blocchi e ai divieti in genere, ma, come ex insegnante, del provvedimento dei colleghi della “Buzzati” non riesco a indignarmi. È già abbastanza faticoso fronteggiare una classe normale – io non ci sono mai riuscito: ero uno di quei professori di cui gli studenti stessi, con compiaciuta compunzione, dicono che “non sanno tenere la disciplina” – figurarsi una classe compattata e fortificata dalla tecnologia elettronica. Non oso neanche pensare a tutte le possibili interruzioni, intromissioni, violazioni, suggestioni, infrazioni che quegli infernali strumenti avrebbero potuto rendere possibili ai miei riottosi pupilli. Inorridisco all'idea degli infiniti battibecchi che me ne sarebbero derivati (“Spegni subito quell'apparecchio!” – “Ma prof, sto aspettando una telefonata importante” perché mio padre è malato, a casa stanno aspettando gli ufficiali giudiziari, la mia sorellina è stata rapita dagli zingari...) e, insomma, se c'è una cosa di cui sono grato agli dei che sovrintendono al pensionamento degli statali è il fatto di avere esaurito la mia esperienza scolastica prima che quegli oggetti prendessero piede. Oggi, di fronte all'impraticabilità di ogni ipotesi di controllo, è senz'altro meglio, molto meglio un bel taglio netto. L'ipotesi di permettere i cellulari nell'edificio purché non li si accendano durante le lezioni, è un'utopia alla quale solo chi non sa niente di scuola può indulgere.
    E poi c'è un altro elemento di cui è d'uopo tenere conto, specie nel caso delle scuole primarie. Le famiglie. Tutti sanno, anche se non si dice, che l'unica strategia educativa su cui la scuola possa, in un certo senso, contare, l'unico effetto benefico che sicuramente produce, consiste nello iato che instaura tra il giovinetto e la sua famiglia, nel suo allontanamento dalle gonne materne e dalle premure genitoriali. Le mamme ne sono perfettamente consapevoli e hanno adottato il telefonino come strumento di controllo del rampollo lontano e di coloro cui è affidato. Non dicono esattamente alla loro creatura “Mi raccomando, se quella carogna della maestra – o della prof – ti tratta male telefona subito alla tua mamma” ma è come se. I cellulari fungono allo stesso tempo da guinzaglio e da cordone ombelicale, sono strumento di sostegno e di possesso, garantiscono una presenza, pure se virtuale. E i ragazzini, con il tipico cinismo della loro età, accettano di sottoporsi al loro controllo oppressivo pur di avere il prezioso apparecchio, che per loro è l'elemento organizzativo principe della vita sociale (che include, naturalmente, il cyberbullismo, di cui alle mamme, notoriamente, importa ben poco, a meno che i loro pulcini ne siano vittime). E ritorno a quello che dicevo prima: è già difficile tenere a bada una scolaresca normale, ma quella di una scolaresca in cui tutti siano in contatto telefonico con la propria famiglia è una prospettiva veramente da incubo.
    No, quella del divieto totale con sequestro immediato non va considerata a priori una cattiva idea. Si potrebbe, forse, perfezionarla: invece di restituire i cellulari sequestrati ai genitori, che li rimetterebbero immediatamente a disposizione dei giovani titolari, li si potrebbe affidare alle cure di un robusto bidello, che li passasse sotto una pressa idraulica o li frantumasse a martellate. Sì, le urla degli orbati fanciulli salirebbero al cielo ed è vero che i genitori gliene comprerebbero subito un altro, ma, chissà, dopo sette o otto ripetizioni della cerimonia finirebbero col rinunciare (c'è la crisi...) e i ragazzini imparerebbero che si può vivere anche senza guinzagli digitali, che sarebbe un'ottima cosa. In fondo non per la scuola s'impara, ma per la vita.
22.04.'12