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La Caccia
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Gialloliva
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La caccia
| Trasmessa il: 04/10/2011
Non si può mai dire, ma probabilmente ha ragione Curzio Maltese a chiedersi su “Repubblica”, dopo il voto di martedì, se esista “un deputato, uno solo su 314, capace di credere davvero che Berlusconi quella notte abbia telefonato in questura per evitare l'incidente diplomatico d'Egitto … uno che non abbia votato una menzogna puerile in totale malafede, in cambio di posti … poltrone, privilegi, soldi, auto blu, contratti, consulenze, ma per convinzione.” E a scrivere che se esistesse una figura del genere (una sorta di “Chance il Giardiniere della maggioranza”, un “fesso capitato in una banda di consapevoli mascalzoni”) si potrebbe ancora dare qualche credito a “questa classe dirigente miserabile, troppo al di sotto anche delle peggiori aspettative”, ma che, “quasi sicuramente” costui non esiste, per cui non si può far altro che dar atto della crisi di dignità in cui lo scandalo Ruby, al di là dei possibili esiti giudiziari, ha trascinato il paese. Il noto polemista forse esagera, forse qualcuno che ha votato secondo coscienza, a cercar bene, lo si potrebbe trovare, ma è poco ma sicuro che il tardo berlusconismo si caratterizza per una certa indifferenza alla verosimiglianza, per la facilità e la speditezza con cui personaggi dall'aspetto grave e dal curriculum autorevole, rappresentanti del popolo, ministri segretari di stato e politici di lungo corso, asseverano, quando si tratta dei fatti e misfatti del loro leader, le versioni meno credibili. Anche a rischio, come nel caso in questione, di dargli implicitamente dell'idiota, perché se Berlusconi davvero credeva, quella notte, che la bella Karima fosse la nipote di Mubarak, dopo il tipo di rapporti che aveva avuto con lei, si sarebbe dimostrato davvero un po' troppo credulo, un po' troppo corrivo a farsi menare per il naso per un uomo della sua esperienza e nella sua posizione.
Non credo, però, che il problema possa ridursi al comportamento dei 314 onorevoli che hanno votato sì al conflitto di attribuzione, o alle parole di quanti, quasi per dovere professionale, prendono di solito la parola in sede pubblica per affermare la totale innocenza del capo. Tutti i discorsi politici di quella parte sono caratterizzati, come dire, da una certa mancanza di referenzialità, per cui si fanno promesse, si vantano successi, si snocciolano dati e previsioni del tutto di fantasia. L'Italia del centrodestra è una specie di
Never Land
, un paese prospero e solido, che supera tutte le crisi ed è ammirato per la perizia e la sagacia dei suoi amministratori, anche se tutti, in realtà, sappiamo di essere nelle canne fino al collo e, tendendo appena l'orecchio, registriamo i gemiti e gli scricchiolii di una impalcatura cui manca davvero poco per andare definitivamente all'aria.
Dirò di più. Non credo che questa pratica, diciamo così, dell'argomentazione creativa, si limiti rigidamente agli uomini del centrodestra. Quando si parla di politica, quando si contrappongono alle malefatte della controparte la serietà, la dedizione e la vocazione democratica del centrosinistra, può capitare di avvertire un'analoga impressione di belle parole al vento. Tanto è vero che, in definitiva, i comportamenti delle due parti, tranne che per il giudizio sul Berlusca, tendono più a confluire che a differenziarsi. Non starò a tediarvi con i particolari, ma ricorderete anche voi che su certi argomenti non da poco – che so, il federalismo, o l'immigrazione, il risanamento finanziario o la scuola – l'opposizione, salvi i gesti virtuosi dei gruppi minoritari, non si è mai opposta davvero, almeno nel senso serio del termine. E in guerra, naturalmente, siamo stati trascinati con voto bipartisan. Che la vecchia complicità tra maggioranza e opposizione che tanto nocque alla vita democratica della Prima Repubblica sia stata ereditata, in qualche modo, dalla Seconda è un tema che merita di esser preso in considerazione.
L'ipotesi, se assunta almeno in via sperimentale, spiegherebbe, tra l'altro, l'apparente paradosso per cui i nostri politici, con tutti i problemi che abbiamo, non sappiano far altro, a destra o a sinistra, che discutere di Berlusconi. Lo fanno, evidentemente, perché è l'unico argomento di dibattito che gli resta. Su tutto il resto, stringi stringi, rischiano di trovarsi d'accordo. E come farebbero, allora, il rude Bersani, il pensoso Veltroni, il mellifluo D'Alema, il bravo ragazzo Franceschini, l'intrepida Bindi, il vispo Vendola, il ruspante Di Pietro e tutti gli altri a giustificare il ruolo che si sono assunti? Di fronte alla determinazione con cui le forze di governo, senza dirlo, naturalmente, stanno facendo a pezzi quel poco di democrazia che ci resta, ci vorrebbe, evidentemente, qualcosa d'altro. Ma questo ci tocca e di questo ci dobbiamo accontentare. Be', auguri a tutti.
10.04.'11
Carlo Oliva
Carlo Oliva
, milanese, nato nel 1943, è sostanzialmente un eclettico.
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