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La caccia
| Trasmessa il: 03/11/2012
Ripugnanze
Leggere che un ministro in carica ha dichiarato che la politica gli fa schifo, è una esperienza che può lasciare per qualche verso interdetti. Sarebbe come se un ammiraglio ci informasse di non sopportare gli oceani o un pilota di aviazione confessasse di aver paura di volare. Siamo in un paese libero, pensa il lettore, e nessuno può essere obbligato a fare qualcosa che gli ripugna. Chi ha paura delle altezze non ha bisogno di fare il pilota, chi teme i fondali e le distese marine può scegliersi una professione in terraferma e chi pensa che la politica sia una brutta cosa non ha che da restarsene tranquillamente a casa, senza accettare cariche pubbliche.
In effetti, il ministro Riccardi, cui la dichiarazione di cui sopra è stata unanimamente attribuita dai
media
di giovedì scorso non ha propriamente dichiarato nulla del genere. Se si va a controllare, si scopre che non ha detto che la politica gli fa schifo, che sanno tutti che ci sguazza fin da quando era ragazzo, ma che la cosa che gli fa schifo della politica (che è diverso) è la volontà di strumentalizzazione, quale l'ha dimostrata l'on. Alfano, segretario del PdL, con la decisione di non partecipare al vertice convocato dal prof. Monti. In quell'occasione, ricorderete, si sarebbe dovuto parlare di giustizia e televisione, due argomenti che Alfano considera tabù per l'attuale governo, se non previo benestare dell'ex premier Berlusconi, e il suo rifiuto era stato considerato da Riccardi, in un colloquio con la collega Severino, in presenza del ministro Balduzzi, come dettato dalla volontà di “creare un caso” e quindi meritevole di quel severo giudizio. A lui Riccardi certi atteggiamenti proprio non vanno giù.
La precisazione, in effetti, toglie alla notizia quel suo tono vagamente surreale, ma crea un problema politico più delicato. A fare schifo a Riccardi non è la politica in sé (un sentimento che, di questi tempi, si sentirebbero in molti di condividere), ma quella di un autorevole rappresentante del principale partito che appoggia il governo di cui lui fa parte. E venendo il giudizio espresso da un personaggio della sua levatura – perché è vero che Riccardi è solo un ministro senza portafoglio, con una modesta delega alla cooperazione internazionale, ma i suoi ben noti agganci con il Vaticano e l'ampia rete di relazioni internazionali che ha stretto con gli anni gli conferiscono un'autorevolezza ben maggiore – gli effetti che potrebbe avere sulla stabilità dell'esecutivo rischiano di essere disastrosi.
Naturalmente lo sciagurato non aveva nessuna intenzione del genere. È solo un tecnico alle prime armi, che non conosce ancora a fondo il galateo parlamentare e non ha ancora capito che quando ci sono dei cronisti a portata d'orecchio è meglio tenere la bocca chiusa. Appena si è reso conto del guaio che aveva combinato, di fatto, si è affrettato a fare marcia indietro, parlando, come è d'uso, di “battute estrapolate da una conversazione informale, captate a distanza e riportate fuori contesto”, scusandosi “se qualcuno s'è offeso” e assicurando che il suo rapporto con Alfano è “cordiale e sincero”, ma ci vuol altro. Una certa quantità di pidiellini si sono incazzati di brutto e il giorno dopo si è appreso che ben quarantasei senatori di quel partito, guidati dall'ex guardasigilli Nitto Palma, avevano chiesto per iscritto al capogruppo Gasparri di avviare la procedura per sfiduciare il loquace ministro. Si dimettesse l'incauto e imparasse a non impancarsi in giudizi che a chi siede al governo non competono certo.
Ben fatto, pensa il lettore. Magari non ha alcuna simpatia per il PdL e Alfano, in realtà, fa un po' schifo anche a lui, ma il governo, almeno in teoria, è una cosa seria e non si può ammettere che al suo interno circolino giudizi di quel tipo. In particolare, se i rapporti tra esecutivo e maggioranza parlamentare prescindono dalla fiducia reciproca fiducia, dove si va a finire? Ci vuol poco a passare da “tecnico” ad “antiparlamentare” e dai governi antiparlamentari non ci si possono aspettare altro che guai. È vero che si apprende da “Repubblica” che espressioni del tipo “mi fa schifo” risultano impiegate in dichiarazioni ufficiali novantasette volte dal 1994 a oggi, e che se ne sono serviti tra gli altri Calderoli, Diliberto, D'Alema, Speroni, Storace, Rutelli e La Russa, ma tutti costoro si riferivano presumibilmente ai loro avversari, come hanno fatto anche Brunetta, di cui si ricorda lo storico “questa sinistra mi fa leggermente schifo” e Berlusconi, che ebbe a definire le polemiche sul caso Ruby “uno schifo con finalità eversive”. Ma si trattava, a ben vedere, di semplici
boutade
senza un particolare significato politico: in questo caso, invece, il problema non è di stile, ma di sostanza.
Di tale sostanza, però, non importa in tutta evidenza a nessuno. Tanto è vero che non se ne è fatto niente. Gasparri ha assicurato che a far dimettere Riccardi non ci pensa nemmeno, Nitto Palma e gli altri quarantacinque si sono accodati e Alfano, che recentemente ha scoperto le delizie dei social network, ha comunicato su Facebook che per lui, sentiti anche Monti e Schifani, il caso è chiuso. Che, a questo punto, sarebbe stato meglio non aprirlo neanche non è venuto in mente a nessuno. Perché questo governo si regge, sì, sulla volontà dei partiti, ma contro quella di buona parte dei parlamentari (e, verosimilmente, dell'elettorato), il che lascia i rappresentanti del popolo nella sgradevole situazione di chi protestare può protestare senz'altro, ma deve solo sperare che alle sue proteste non badi nessuno se no succede il patatrac. Per cui tutto va avanti come prima, schifo o non schifo, i vari Riccardi continueranno a gestire i loro ministeri come se fossero le rispettive Comunità di Sant'Egidio, Monti non convocherà più vertici, limitandosi, semmai, a qualche telefonata confidenziale e tutti saranno felici e contenti. Compresa la sinistra che potrà continuare a fare quello che ha fatto in questa occasione, cioè far finta di non esistere. Non che ci voglia un grande sforzo, d'altronde.
11.03.'12
Carlo Oliva
Carlo Oliva
, milanese, nato nel 1943, è sostanzialmente un eclettico.
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