Magari non lo diciamo a voce troppo
alta, perché, come dice il saggio, c’è un tempo per ogni cosa, ma sotto
sotto sappiamo benissimo tutti perché il centro sinistra sia, come dire,
sotto scacco in tema di legge elettorale, nel senso che, dopo averle prese
di santa ragione alla Camera si appresta a fare il bis al Senato, con tutte
le conseguenze in termini di immagine e di mantenimento del consenso che
una doppia bastonatura di questo genere comporta. Se si è imposta
con tanta perentorietà e contro tutte le previsioni la dura legge dei numeri
non è solo colpa di Berlusconi, che pure ha proposto questa specie di colpo
di mano parlamentare per motivi squisitamente di parte, né della pusillanimità
dell’uomo del Quirinale, sulle cui capacità di reazione è sempre più futile
sperare, né del come ha condotto dibattito e votazioni un presidente dell’assemblea
celebrato fino a ieri per la sua imparzialità (e chissà cosa riuscirà a
combinare il suo collega alla Camera alta, che della imparzialità ha sempre
dimostrato di saper fare benissimo a meno). Sono tutti elementi che
contano, naturalmente, e forniscono preziosi elementi di giudizio sui personaggi
in questione, ma il problema, credetemi, non è questo.
Dopo tutto, cosa pensare di quei signori
lo sapevamo già. Ma se nessuno è riuscito a organizzare una difesa
credibile del sistema maggioritario, come è regolato dalla legge ancora
(per poco) vigente, dipende in buona parte dal fatto che quel sistema,
in quella forma, è abbastanza indifendibile. Quel farraginoso meccanismo
misto, con le sue due schede alla Camera più una al Senato, i doppi simboli
dei partiti e delle coalizioni, lo scorporo (che forse voi avrete capito
esattamente cos’è, ma io no), le liste civetta, che sono riuscite a far
sì che per questa legislatura i ranghi della Camera restassero scandalosamente
incompleti, e tutto il resto, sembrava fatto apposta per deformare l’espressione
della volontà degli elettori e, di fatto, l’ha abbondantemente deformata
nelle tre occasioni in cui ce ne siamo serviti, nel ’94, nel ’96 e nel
2001.
Tutti i sistemi elettorali, naturalmente,
devono mediare tra le esigenze della rappresentanza e quelle della governabilità
(per usare un termine antipatico, ma di moda), ma, a parte il fatto che
i due valori, in un sistema democratico, non possono porsi sullo stesso
piano, il nostro riusciva a metterli in crisi entrambi, abbinando un parlamento
assai poco rappresentativo a un governo che, quanto a funzionalità, non
fa certo faville. Lo si è visto con particolare chiarezza in questo
ultimo quinquennio e il fatto che, per qualche fortuita combinazione di
eventi, quel meccanismo perverso potesse, per una volta, agire a favore
della sinistra, che infatti ci aveva calibrato sopra tutta la sua
strategia, non era e non è un buon motivo per attaccarcisi con la tenacia
della patella allo scoglio.
Questo non significa, ovviamente, che
bisognasse ingoiare senza fiatare la legge che Berlusconi e Casini ci hanno
propinato. Quella è chiaramente una truffa e ha tutta l’aria di
poter produrre, se applicata, effetti ancora più perversi. Ma se
di fronte all’offensiva della destra ci si fosse sforzati di controproporre
un proporzionale decente o un maggioritario un po’ meno penoso, i risultati
– chissà – avrebbero potuto essere diversi. Opporre a una prepotenza
manifesta la mera speranza di qualche defezione nell’area avversaria è
una tecnica che ricorda molto il suicidio e in fondo si sa che dallo scoglio
le patelle corrono il rischio di finire direttamente in pentola.
Ah, a proposito. Di tutti gli argomenti
a favore del mantenimento della vecchia legge e, in genere, del sistema
maggioritario, l’unico – a mio avviso – che non meriti di essere scartato
a priori è quello per cui quel sistema l’hanno voluto i cittadini con
il referendum del 1994. Oh dio, anche su questo, volendo, si potrebbe
ridire, perché quel voto era stato impostato e interpretato in maniera
impropria ed estensiva, trasformando un normale referendum abrogativo di
alcuni articoli di legge in una specie di consultazione propositiva di
massa che la nostra Costituzione non prevede affatto. Tuttavia, agli
italiani era stato fatto credere che fosse in gioco la scelta tra il proporzionale
e il maggioritario e in tal senso essi si erano regolati. Il fatto
è che della volontà dei cittadini, in certi ambienti (e non solo nel centro
destra) importa veramente poco. Lo si è visto quando si è trattato
di ripristinare questo o quel ministero soppresso o di reintrodurre, con
la massima disinvoltura, il finanziamento pubblico dei partiti. Ahimè,
visto che anche questo gli abbiamo lasciato passare, non possiamo che prendercela
con noi stessi.